La maternità è il Lean Management della vita


Quando la giornata deve iniziare prima del solito, attiviamo una serie di protocolli serali aggiuntivi per velocizzare l’uscita di casa il giorno seguente, come preparare la caffettiera.
L’ultima volta che è successo ho pensato per un secondo di scegliere in anticipo i vestiti da indossare, ma immediatamente mi sono resa conto che non avrebbe portato a un effettivo risparmio di tempo e ho lasciato perdere. Se, fino a qualche anno fa, mi capitava di arrivare in ufficio di corsa dopo aver passato una buona mezz’ora a esaminare tutto il contenuto del mio armadio prima di decidere come vestirmi, ora sono diventata un ninja. A cosa devo questo cambiamento? Alla maternità.

Il mio guardaroba è cambiato (un po’ anche per le esigenze di una forma rimodellata dalla gravidanza), diventando più essenziale, come anche il mio modo di ragionare e agire: apro l’armadio, in due secondi prendo una decisione e indosso - al massimo mi concedo un piccolo tentennamento che si risolve velocissimamente, mi osservo rapidamente allo specchio e via. Idem per il trucco: possiedo solo quello che mi serve e uso regolarmente, conservo qualche vezzo per le occasioni speciali ma ogni mattina in pochi minuti sono bella e pronta per andare. In ufficio, s’intende.

La maternità mi ha reso più essenziale, più efficiente. Un po’ come succede alle aziende che iniziano ad applicare il metodo Lean.

La riduzione delle opzioni di trucco e parrucco, infatti, è solo un esempio di come si tenda ad eliminare progressivamente lo spreco (di spazio, tempo, energie) quando si diventa genitori: chi si lancia nell’ardua avventura di crescere un essere umano sa che ce la metterà tutta, ma che la perfezione non esiste.
Esiste, invece, la strada faticosa ma gratificante del miglioramento continuo.


Le 5 s della genitorialità
Scarta, sistema, spazza, standardizza e sostieni (adattamento italiano di Seiri, Seiton, Seiso, Seiketsu, Shitsuke), le 5 s della metodologia Lean che a un’analisi attenta vengono applicate pedissequamente dai genitori di tutto il mondo in un processo che mai avrà fine.

Riprendendo l’esempio del mio guardaroba, infatti, se prima potevo concedermi di tenere quel paio di jeans di due taglie in meno di quella attuale nella speranza un giorno di rientrarci ora - un po’ per mancanza di spazio e un po’ per orgoglio - nell’armadio ci sono quasi esclusivamente capi che gratificano le mie nuove curve (che modo elegante di porre la questione, eh?). Uscendo dal mio armadio e dando un’occhiata al resto della casa, l’equazione è meno cose = meno cose da lavare / che mia figlia può rompere / ingoiare per errore / far sparire nella terza dimensione per l’eternità.

Per ridurre i rischi ed evitare di rimanere sommersi sotto una marea di body troppo piccoli, quindi, un genitore Scarta (Seiri).
Spesso, però, quando un oggetto esce dalla porta ne entra un altro dalla finestra: i bambini crescono, cambiano i vestiti, i giochi, gli accessori utili. L’evoluzione delle necessità della famiglia comporta che le cose che servono cambino velocemente e in continuazione, perciò oltre a eliminare quelle che non servono più i genitori sono bravissimi a sistemare (Seiton) l’ambiente adattandolo alla crescita dei loro bambini.
Oggi mia figlia ha due anni e il vano sotto il camino è diventato, nel tempo: porta legna (la sua funzione originale), porta scatole dei giochi e da ultimo libreria montessoriana (con l’ausilio di qualche pezzo di cartone recuperato per formare i famigerati scalini).
Cercare strenuamente di resistere all’entropia richiede creatività, spirito di adattamento e pensiero laterale, qualità utili sia nella vita che nel lavoro che avere dei figli consente di allenare quotidianamente.

Merita poi una menzione particolare la fase di igiene ossessiva che tantissimi neogenitori (al primo figlio) attraversano. Io mi riconosco colpevole. Le mie amiche ci sono passate tutte: una mi ha confessato di essere ritornata definitivamente in sé solo dopo aver visto suo figlio che leccava felice lo scivolo del parco giochi.
A parte l’eccesso, si diventi (ancora) più attenti alla pulizia dell’ambiente circostante quando ci vivono dei bambini, e anche che alcune fasi della loro crescita richiedano un’attività ancora più intensa (quando imparano a mangiare da soli, ad esempio). Non è certamente una novità, i genitori puliscono (Seiso).

Pulire, sistemare ed evitare di accumulare cose inutili sono attività che nella vita di un genitore diventano sistematiche e strutturali, vengono cioè sostenute (Shitsuke) come parte della catena del valore che vede i nostri figli come gli utenti ultimi a cui tutti i nostri sforzi sono diretti.

La genitorialità è certamente un impegno. Con un po’ d’ironia però, questo paragone con la metodologia Lean suggerisce che offre tantissime possibilità di crescere e trasformarci in versioni potenziate di noi stessi.
E se a volta si sbaglia, si può comunque continuare a cambiare in meglio.

 

  

Photo by Kelly Sikkema on Unsplash

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